di Fernanda Torre
Dalla strage di Cutro, ancora in auge nell’agenda mediatica del momento, all’attuale situazione di Ventimiglia, ormai dimenticata dai più, emerge un elemento comune: l’assenza dello Stato nella gestione del fenomeno migratorio.
Sono due le indagini aperte dalla procura di Crotone sul naufragio lungo le rive di Cutro.
La prima è rivolta agli scafisti responsabili di aver portato l’imbarcazione dalle coste turche alla riviera di Crotone. L’accusa è di naufragio e omicidio colposo.
La seconda indagine, invece, non ha ad oggi degli accusati e dei capi di accusa. Il fine che coinvolgerà tale lavoro sarà quello di capire se vi siano delle responsabilità circa la gestione dei soccorsi.
Sono tre i soggetti che ruoteranno intorno a tale indagine, il primo è Frontex, agenzia dell’Unione Europea a cui è affidato il sistema di controllo e gestione delle frontiere dello Spazio Schengen e dell’UE. La seconda è la Guardia di Finanza, la terza la Guardia Costiera.
Tutti hanno dichiarato di non aver commesso errori e men che meno, di aver evitato di fornire i soccorsi necessari. Le dinamiche che però girano attorno a tali soggetti sono decisamente contorte. Cerchiamo di spiegarlo qui nella maniera più semplice.
La sera di sabato 25 febbraio, Frontex segnala di aver individuato un barcone con decine di persone a bordo (e forse altre in sottocoperta) in una condizione di sicurezza. Dichiara di non aver visto salvagenti a bordo sebbene il mare fosse mosso.
Al tempo stesso la Guardia Costiera conferma che le operazioni di soccorso non sono state rese necessarie, difatti l’unica struttura che può avviare operazioni di ricerca e soccorso è lei stessa.
La Guardia Costiera conferma che le operazioni di soccorso non sono partite perché in mancanza di informazioni circa una eventuale emergenza.
Rimane la Guardia di Finanza, che può intervenire in sostituzione della Guardia di Costiera per la sua competenza in materia di “contrasto all’immigrazione clandestina”. Anche la Guardia di Finanza rimane ferma.
Intorno al cerchio quindi abbiamo Frontex, che vede l’imbarcazione ma non individua il pericolo, c’è la Guardia Costiera, che non è intervenuta perché nessuno l’aveva informata della gravità della situazione ed infine c’è la Guardia di Finanza che dichiara, in un primo comunicato stampa del 26.02.2023 di aver intercettato un’imbarcazione ma di non sapere di un’operazione di soccorso.
Sono morte per certo 68 persone, ma ci sono altri dispersi che forse le onde del mare mai restituiranno.
Ci sono dei ministri che si arrogano il diritto di parlare su cosa sia meglio fare prima di salire su una barca che ti porta in un ennesimo paese di accoglienza.
Ci sono agenzie europee che prendono milioni di euro per fare respingimenti forzati ma, in caso di emergenza, omettono informazioni.
Tutti e tre i soggetti sopra citati e i ministri interessati chiuderanno questa vicenda tra qualche giorno.
Senza condanne, colpe o remore, dando l’ennesimo schiaffo morale a tutte le vittime.
“Camminare e attraversare i binari è pericoloso.”
Queste sono le parole scritte su dei fogli appesi davanti al centro della Caritas di Ventimiglia e dinanzi la stazione dei treni.
È scritto in diverse lingue, per cercare di arrivare al più ampio pubblico possibile: dalle persone che arrivano dalla rotta balcanica, a chi giunge dalle spiagge del Mediterraneo.
Ventimiglia è cambiata tanto dal lontano 2016, dall’accoglienza di Don Rito e dei tanti volontari e volontarie della chiesa del quartiere Gianchette.
Tutto questo non c’è più, non ci sono le strutture di accoglienza idonee ma rimane la forte presenza di coloro che arrivano e ripartono.
Lungo il fiume Roja, poco fuori dalla città ligure, non è difficile scorgerne le tende. Tende di fortuna ma che al tempo stesso possono configurare un grande pericolo. Se in questo periodo di siccità il fiume può non rappresentare un’insidia, basta tornare indietro di qualche anno per leggere di chi è morto travolto dall’acqua del Roja.
Dobbiamo riflettere su come sia possibile che una città di frontiera come Ventimiglia, non riesca ad avere delle strutture di accoglienza solide.
Come sia possibile che una città sia stretta dalla morsa politica e come al tempo stesso sia lasciata sola a fronteggiare un problema di così tale valore.
Ciò che rimane come immagine di accoglienza, è il solo lavoro (oltre che della Caritas) di Kesha Niya e Progetto 20k, realtà che ogni giorno offrono un ristoro e un aiuto. Basta così poco, che poco non è.
Nell’immagine di copertina, la frontiera tra Ventimiglia e Mentone il 7 gennaio 2022. Nel pieno del ponte dell’Epifania, erano oltre una decina le camionette della Gendarmerie presenti e circa sei le guardie di confine, disposte in fila e col mitra in mano, a condurre i controlli. Sul lato italiano, invece, non era presente nessuno.