di Alba Mercolella 

Il Senato ha approvato il decreto Cutro il 20 aprile. Il 4 maggio è stato approvato anche dalla Camera, senza modifiche, previo voto di fiducia.

 

Con 92 voti a favore e 54 contrari, il DL n. 20/2023 è passato in Senato e poi successivamente alla Camera, qui con 179 voti favorevoli, 111 contrari e 3 astenuti. Uno schiaffo alla protezione speciale, che era già figlia di un gioco al ribasso. Ci si riferisce al DL Salvini del 2018, che di fatto abrogava la cosiddetta protezione umanitaria.

Mentre legali e operatori del settore sanno già che dovranno ancora una volta cercare di rattoppare i buchi di un sistema che fa ben più che acqua, per tutelare percorsi di vita e volontà di restare, in condizioni lavorative sempre più difficili e precarie, la bagarre sembra più una questione di propaganda politica che di regolazione di un fenomeno trentennale (ripetiamolo, male non fa) e non di un’emergenza.

 

Del resto la destra al Governo non ha mai perso tempo da quando è salita al potere, a partire dalla fine dell’anno scorso, con un decreto-legge contenente regole stringenti sui salvataggi in mare.

A proposito, il Dl Cutro introduce una nuova fattispecie di reato di morte e lesioni conseguenti a delitti relativi al “traffico illegale di migranti”, concentrandosi su chi “promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato”.

Le pene per questo reato penale vanno dai 20 ai 30 anni e la magistratura potrebbe aprire procedure anche per chi organizza trasporti verso altri Stati.

E poi, dopo il naufragio di Cutro, lo stato di emergenza, la cui legittimazione si basa sul sovraffollamento dell’hotspot di Lampedusa.

Ciò è accompagnato dall’annuncio di future nuove strutture di prima accoglienza e di rimpatrio, ma anche dal rifiuto di collaborare da parte delle regioni Valle d’Aosta, Emilia-Romagna, Toscana, Puglia e Campania. Non solo: la nomina di Valerio Valenti a Commissario per la gestione di tale emergenza, annunciata il 16 aprile, appare in Gazzetta ufficiale solo tre giorni dopo. Non solo: in quel momento mancava anche la delibera del Consiglio dei Ministri.

Ora che il decreto Cutro è stato approvato, indubbiamente tutto ciò avverrà, ma vale la pena sottolineare come la trasparenza delle procedure sia considerata un optional.

 

Tutto è molto ben spiegato su un recente contributo di Openpolis, che sottolinea la scarsa chiarezza dell’esposizione delle motivazioni che hanno portato il Governo a decidere di dichiarare lo stato di emergenza e la poca trasparenza delle procedure. Ciò è espresso chiaramente dalle parole di Fabrizio Coresi di ActionAid:

Lo stato di emergenza serve ad andare in deroga a tutte le norme sugli appalti per costruire centri di accoglienza e centri di detenzione. Questo è molto pericoloso e in passato ha portato a degli abusi”.

 

Come la destra cavalca bene le onde delle tragedie minando i diritti

 

Ora che il decreto è passato, è certo che la rete dei Cpr sarà potenziata. A questo punto, viene da chiedersi se questa non sia la concretizzazione delle ideologie di chi sta al Governo.

Fedelissimi alle proposte elettorali, contro ogni minimo spiraglio di idee liberali, la destra ha semplicemente ben sfruttato i morti e le tragedie per praticare ciò in cui crede in questo e in altri campi che riguardano sempre i diritti. Ci si riferisce all’attacco alle coppie omogenitoriali, che stanno manifestando in numerose piazze italiane.

 

Viene da chiederselo perché le tragedie legate al fenomeno migratorio sono tra le più “iper-rappresentate e strumentalizzate: un campo di gioco semplice se si sa giocare.

 

Poco importa se l’hotspot di Lampedusa è ciclicamente sovraffollato da anni, se sia i minori che gli adulti si trovano a subire trattamenti inumani e degradanti, come stabilito persino dalla Corte europea per i diritti umani per il caso di quattro ragazzi tunisini nel 2017 con la pubblicazione il 30 marzo di quest’anno della sentenza J.A. e al. c. Italia.

 

Il suddetto caso di certo non è isolato, ma è esemplificativo della gestione emergenziale e propagandistica del fenomeno migratorio in cui la rappresentazione mediale gioca un ruolo fondamentale, come ben teorizzava Alessandro Dal Lago già nel 1999 con la “tautologia della paura”.

 

Ancora una volta, questo schema si può applicare all’ennesima strage che rientra nella cornice narrativa degli “sbarchi”.

Di questo frame se ne parla nel 2018 in “Spazi mediali delle migrazioni. Framing e rappresentazioni del confine nell’informazione italiana”, dove gli Autori Binotto e Bruno hanno sintetizzato i loro studi sulla rappresentazione mediale dell’immigrazione e delle minoranze.

L’immagine-icona degli arrivi, definiti in maniera tragica ed emergenziale, riesce a raggiungere una notevole copertura mediatica ad ogni tragedia.

Ben prima del naufragio di Cutro, il naufragio del 3 ottobre del 2013 a Lampedusa aveva visto la dimensione simbolica incrociarsi con l’azione politico istituzionale. I tempi e i sentimenti però, sono diversi. Ai tempi del naufragio di Lampedusa era già partita l’operazione ”Mare Nostrum” e si era addirittura parlato di abolire il cosiddetto “reato di clandestinità”.

Oggi la situazione è meno rosea e il decreto Cutro, in fondo, non rappresenta nulla di nuovo rientrando perfettamente nei meccanismi sopra descritti: gestione emergenziale, strumentalizzazione ed erosione dei diritti.

 

Ancora una volta, il vero costo di tutto questo ricadrà non su chi scrive articoletti sul sito web di un’Associazione e nemmeno su chi governa e cavalca le onde che continuano ad uccidere, per merito loro, nel Mediterraneo. Ricadrà, invece, sui già nominati operatori del settore che anno dopo anno, decreto dopo decreto, hanno visto il sistema di accoglienza e integrazione crollare pezzo per pezzo. Senza contare tutti i posti di lavoro persi dai cosiddetti decreti Salvini in avanti.

 

Viene da concludere lanciando una riflessione. Se si arrivasse davvero al totale smantellamento del sistema di accoglienza, già fortemente minato, fino a diventare un sistema esclusivamente espulsivo, a quel punto, che si fa?