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Articolo di Dušan Komarčević (link all’articolo originale, uscito per Radio Slobodna Evropa il 25 febbraio 2021)
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Traduzione a cura di Adna Čamdžić
Quali poteri eserciterà Frontex in Serbia? La questione è stata sollevata in previsione di un dibattito al riguardo che si terrà nel Parlamento serbo. Nello specifico, i deputati saranno tenuti a votare la Legge di ratifica dell’Accordo sullo Status tra l’Unione Europea e la Repubblica di Serbia riguardante le azioni dell’Agenzia Europea della Guardia di Frontiera e Costiera (Frontex) in territorio serbo.
Si tratta dell’accordo firmato a Belgrado e Skopje nel novembre del 2019, che definisce i compiti e gli obblighi dei membri di Frontex che collaborano con la polizia di frontiera in materia di migrazioni illegali.
Mentre i rappresentanti del governo dichiarano che l’accordo faciliterà il lavoro degli agenti di polizia alle frontiere, reso più complesso dal continuo afflusso di rifugiati e migranti, alcuni attivisti lanciano un segnale di allarme sugli ampi poteri e sull’immunità penale di cui godranno i membri di Frontex in Serbia.
Cosa prevede l’Accordo?
Così come riportato nell’art. 1, il presente accordo riguarda “tutti gli aspetti della cooperazione fra la Repubblica di Serbia e l’Agenzia (Frontex) necessari all’esecuzione delle azioni della stessa che possono svolgersi nel territorio della Repubblica di Serbia, e nel cui ambito i membri delle squadre dell’Agenzia possono disporre di poteri esecutivi”.
L’accordo, tra le altre cose, autorizza i membri della missione di Frontex all’uso della forza, includendo “le armi di ordinanza, le munizioni e l’equipaggiamento”, per i quali è richiesta l’autorizzazione dello Stato membro di appartenenza e della Repubblica di Serbia.
“I membri della squadra possono usare le armi solo quando ciò è assolutamente necessario in caso di legittima difesa per respingere un attacco immediato che attenti alla vita loro o di un’altra persona, in conformità con la legislazione nazionale della Repubblica di Serbia”, si legge nell’art. 5 del documento.
KIRS: un modo per aumentare la sicurezza
È nell’interesse di ogni stato che i suoi confini siano ben protetti e sicuri: questo è quanto è stato riferito dal Commissariato per i rifugiati e gli sfollati (“Komesarijat za izbeglice i raseljena lica”, KIRS) serbo a Radio Free Europe (“Radio Slobodna Evropa”).
“È fondamentale per la Serbia cooperare con organizzazioni e agenzie internazionali che possono contribuire ad una migliore gestione e protezione dei confini. In questo senso anche l’accordo tra la Serbia e Frontex è un modo per fornire ai cittadini maggiore sicurezza per quanto riguarda il controllo delle migrazioni irregolari”, ha affermato KIRS nella sua risposta scritta. Il Commissariato ha sottolineato poi che “le attività di Frontex sono sempre pianificate in anticipo e nei minimi dettagli e coordinate con gli organi statali e tutti i partner coinvolti nel processo”.
Nel presentare l’accordo ai membri del Parlamento serbo, il Ministro degli Interni Aleksandar Vulin ha dichiarato il 24 febbraio che tale dispositivo altro non è che un ulteriore mezzo e meccanismo utile a combattere le conseguenze della crisi migratoria. “La crisi migratoria non terminerà a breve e sta a noi lottare per la preservazione della capacità di uno Stato a reagire ed evitare di trasformarsi in un parcheggio per migranti e in uno spazio incontrollato in cui chiunque può giungere e stabilirsi liberamente”, ha detto Vulin ai parlamentari.
La questione dell’immunità
Radoš Đurović, del Centro per la protezione e l’assistenza ai richiedenti asilo, afferma che Frontex potrebbe certamente essere di aiuto nel potenziamento del sistema di sorveglianza, qualora fossero nominati funzionari incaricati ad occuparsi della protezione dei diritti umani e della supervisione del funzionamento di questa missione.
Tuttavia, asserisce che gli attivisti presenti ai confini tra la Serbia e la Croazia, l’Ungheria e la Romania, registrano quotidianamente respingimenti illegali degli individui verso la Serbia (in inglese “pushback”), ostacolando il loro diritto a presentare domanda di asilo in quei paesi. In tal senso, Đurović sembra preoccupato dalla clausola dell’accordo che conferisce l’immunità penale e amministrativa a Frontex, agenzia composta da membri di corpi di polizia provenienti da paesi in cui si registrano violazioni dei diritti umani dei migranti e dei rifugiati.
“L’accordo che sta per entrare in vigore, e che consente alle forze di polizia di quei determinati paesi ad operare sul nostro territorio, solleva grandi sospetti e timori sul fatto che la violenza e le azioni illegali possano trasferirsi sul nostro territorio ed essere praticate nei confronti di individui come i migranti, i rifugiati, e forse anche i nostri stessi cittadini, senza alcuna assunzione di responsabilità”. Ciò significa che i membri di Frontex vengono sollevati da ogni responsabilitá durante lo svolgimento delle proprie attività sul campo, anche nel caso in cui dovessero verificarsi reati, dice Đurović.
L’art. 7 dell’accordo stabilisce che i membri della squadra dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera godono dell’immunità dalla giurisdizione penale della Repubblica di Serbia per gli atti “compiuti nel corso e ai fini dell’esercizio di funzioni ufficiali nel corso delle azioni svolte in conformità con il piano operativo”.
Nell’eventualità di un presunto reato commesso da un membro di una squadra, il Ministero dell’Interno deve informare immediatamente il direttore esecutivo di Frontex e l’autorità competente dello Stato membro di appartenenza. Il direttore esecutivo di Frontex deve a quel punto certificare se l’atto in questione è stato compiuto nell’esercizio di funzioni ufficiali, si legge nell’accordo.
Radoš Đurović ritiene che nella pratica un’immunità così forte per i funzionari stranieri non sia necessaria. “Portare armi ed essere esenti dalle responsabilità che ne conseguono, mentre si sorvegliano i confini di un altro paese, richiederebbe invece che la responsabilità fosse maggiore, proprio a causa della delicatezza della situazione. Attraverso tali azioni uno stato limita in misura considerevole la propria sovranità, in quanto porta rappresentanti delle forze dell’ordine stranieri a condurre azioni sul proprio territorio, azioni che invece rientrano tra le competenze del Ministero degli Affari Interni della Repubblica di Serbia”, dice Đurović.
Per Đurović è contestabile anche la disposizione dell’accordo che stabilisce che il direttore di Frontex debba certificare se un membro di una squadra abbia commesso un reato nell’esercizio di funzioni ufficiali. “Rimane discutibile il motivo per cui il direttore di Frontex dovrebbe decidere se questi hanno commesso il reato nell’ambito del loro mandato o al di fuori di esso, e quindi se sono responsabili o meno”, dice Đurović.
Radio Free Europe ha inviato alcune domande all’ufficio Frontex in merito – dove saranno dispiegati i membri della loro missione in Serbia e in quale modo intendono affrontare la questione dei respingimenti, ma al momento della redazione dell’articolo non è stata fornita alcuna risposta.
Frontex non ridurrà la retorica anti-migratoria
Nel presentare l’accordo ai deputati, il capo del Ministero degli Interni serbo ha affermato che il documento dovrebbe, tra le altre cose, portare la pace tra i cittadini dal momento che “spesso esprimono timore per la presenza di migranti e l’eventualità che la crisi non riesca ad essere contenuta”.
“Questo accordo ci permette di lottare contro tali fenomeni. Per proteggere lo stile di vita quotidiano dei nostri cittadini, il nostro spazio, il nostro territorio e l’opportunità di vivere così come siamo abituati”, ha sottolineato Vulin, avvertendo che “nessuno dovrebbe e non puó prendere la legge nelle proprie mani e pensare che lo Stato non stia facendo il suo lavoro, tanto da organizzare pattuglie e guardie informali”
Il Ministro dell’Interno ha accennato alle cosiddette “pattuglie del popolo” (“narodne patrole”), ovvero gruppi auto-organizzati di estrema destra che in più occasioni, negli ultimi mesi, hanno privato della libertà, minacciato e maltrattato rifugiati e migranti in diverse città della Serbia, registrando e condividendo tali contenuti sui social network.
Radoš Đurović ritiene che la presenza di Frontex non influirà sulla riduzione del clima anti-migratorio in Serbia. “Non ha nulla a che vedere con la sicurezza dei cittadini sul campo. Il punto qui è fermare le migrazioni e impedire alle persone di entrare nel paese e, in questo senso, l’Unione Europea ha un chiaro interesse a rallentare le migrazioni”, dice Đurović.
Intensificazione dei respingimenti
Il 28 gennaio l’Unione Europea ha invitato l’Ungheria a cambiare il suo approccio nei confronti delle politiche in materia di asilo e iniziare a rispettare i diritti dei migranti, dopo che Frontex ha sospeso le sue attività nel paese. Per chiarire tale richiesta, il Commissario europeo per gli Affari Interni, Ylva Johansson, ha affermato che l’UE si aspetta che l’Ungheria consenta alle persone di presentare domanda di asilo sul territorio del paese.
“Un’agenzia come Frontex non può aiutare l’Ungheria a impedire che le persone raggiungano il paese se essa stessa non rispetta i diritti fondamentali dei migranti e le leggi dell’UE”, ha detto Johannson.
Gli attivisti per i diritti umani hanno tentato in diverse occasioni di avvertire che la polizia di frontiera ungherese, ma anche quella croata, sta rimpatriando forzatamente i migranti attraverso i propri confini. Una cosa simile sta accadendo in Serbia, dove la Corte costituzionale ha emesso un verdetto a gennaio di quest’anno, che conferma per la prima volta l’illegalità di un respingimento di migranti dalla Serbia alla Bulgaria, avvenuto nel febbraio del 2017 per mano delle autorità serbe.
Radoš Đurović afferma che dal 2017 ad oggi la situazione è solo peggiorata, sia ai confini settentrionali che meridionali della Serbia. “Ogni giorno centinaia di persone entrano illegalmente in Serbia. Le testimonianze dei profughi sono drammatiche. Sono continuamente sottoposti a torture fisiche e mentali. Al sud, invece, vengono compiuti respingimenti illegali di persone dalla Serbia verso la Macedonia del Nord, e questa pratica si è intensificata a metà dello scorso anno per mano della nostra polizia”, dichiara Đurović.
All’inizio di quest’anno, alcuni rifugiati e migranti hanno accusato membri di Frontex di aver preso parte a deportazioni illegali. Alcuni di loro hanno testimoniato per l’agenzia di stampa tedesca Deutsche Welle (DW), dichiarando che agenti di polizia che portavano toppe riconducibili a Frontex li hanno fermati in Albania, consegnandoli alle autorità locali, che a loro volta non hanno permesso loro di presentare domanda di asilo. Al contrario li hanno deportati direttamente verso la Grecia.
Le organizzazioni che sostengono i rifugiati affermano che ci sono state deportazioni illegali lungo il confine greco con la Macedonia del Nord e con l’Albania, mentre alcuni testimoni hanno affermato di aver udito alcuni agenti di polizia parlare in lingua tedesca. Hanno anche notato la presenza di toppe riportanti la scritta UE sulle loro uniformi, scrive DW.
Frontex ha respinto queste accuse, sottolineando di aver condotto indagini e di non aver trovato prove credibili a sostegno di tali affermazioni.