di Alba Mercolella
La scorsa settimana, come ben titola l’Avvenire, ci sono stati “130 migranti morti nell’indifferenza”.
L’articolo di Nello Scavo è una lettura consigliata, soprattutto perché ricostruisce la sequenza dei fatti che hanno portato all’ennesima strage nel Mediterraneo meridionale.
Lo scorso anno abbiamo parlato di operare con responsabilità
Il 7 aprile 2020, infatti, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto col Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministero dell’interno e il Ministero della salute, aveva adottato il decreto interministeriale n. 150 del 7 aprile 2020. Il decreto impediva gli sbarchi nei porti italiani.
Come mai? In breve, ci si appellava al fatto che, in quel periodo, l’Italia non poteva garantire i requisiti per la classificazione di Place of Safety in virtù della Convenzione di Amburgo (ne abbiamo discusso qui, mentre qui abbiamo approfondito i contenuti del decreto).
Questa volta non è stato decreto ma un rimpallo, anche di responsabilità, tra Tripoli, La Valletta e Roma.
Con queste premesse non si può che essere preoccupati per i prossimi sbarchi, in sicuro aumento dato l’arrivo della bella stagione.
Siamo preoccupati. Perché possiamo essere vigili e attenti dinanzi ai risultati dell’esternalizzazione delle frontiere, ma se oggi non “servono” più nemmeno i decreti per lavarsi la coscienza, ci chiediamo davvero che cosa possiamo fare a parte continuare a sostenere chi, con tanto coraggio, ancora cerca di essere presente nel Mediterraneo.
Per concludere, ricordiamo le tre navi commerciali (la “My Rose”, la “Alk” e la “Vs Lisbeth”) che si sono unite alla Ocean Viking che, senza coordinamento, hanno cercato di salvare delle vite.
Ricordiamo lo sforzo della Maersk Etienne, che lo scorso settembre è rimasta bloccata in mare per 40 giorni, ma anche quello di tutti i pescatori che, nel mezzo del loro lavoro, da anni se non da decenni salvano i migranti in mare.
“Quando la nave o l’aeromobile in pericolo sono del tutto incapaci, rispettivamente, di manovrare e di riprendere il volo, il comandante della nave soccorritrice è tenuto, nelle circostanze e nei limiti indicati dall’articolo precedente, a tentarne il salvataggio, ovvero, se ciò non sia possibile, a tentare il salvataggio delle persone che si trovano a bordo.
È del pari obbligatorio, negli stessi limiti, il tentativo di salvare persone che siano in mare o in acque interne in pericolo di perdersi”.
(Art. 490 del Codice della Navigazione – Obbligo di salvataggio)
Immagine in evidenza: ultima posizione nota dell’imbarcazione che traportava circa 130 persone a largo della Libia. Fonte: AlarmPhone