di Fernanda Torre  

Il 25 maggio 2024 la protesta popolare non violenta e più duratura della Turchia ha compiuto 1000 settimane di presidio.

Dal 1995 davanti al liceo di Galatasaray a Taksim, a Istanbul, si radunano le madri del sabato. Intorno a loro ci sono diversi individui alla ricerca dei propri cari: amici, parenti, conoscenti. Parliamo di persone che, portate via dalle proprie case oppure dopo aver lasciato le proprie abitazioni in modo regolare, non sono più rientrate.

Il presidio delle madri del sabato inizia il 27 maggio 1995, all’interno del quale le persone, all’epoca, si limitavano a mostrare le foto delle persone scomparse. Si trattava di un’iniziativa che si ispirava alle madri di Plaza de Mayo, a Buenos Aires, nata per ricordare i propri congiunti, i desaparecidos, ovvero quei dissidenti scomparsi tra il 1976 e 1983 durante la dittatura argentina.

Una delle tante persone scomparse nel territorio turco è Hasan Ocak. La famiglia e gli amici l’hanno cercato per 55 giorni. Il corpo fu ritrovato con segni evidenti di tortura. 

Il caso di Hasan Ocak diede il via alla protesta delle madri del sabato. Al primo sit-in arrivarono 20 persone.  In alcuni casi non sono mai state trovate tracce di ciò che è accaduto. In altre situazioni le morti sono state accertate, senza però mai trovarne un autore. 

Ciò che da 1000 settimane si cerca di ottenere è una degna chiarezza e un giusto processo.  Purtroppo però, il retroscena amaro è che durante le veglie molti partecipanti subiscono intimidazioni, molestie, uso eccessivo della forza, detenzioni arbitrarie e procedimenti giudiziari ingiusti.

Per circa dieci anni il presidio fu vietato. Riprese nel 2009 ma con il passare degli anni e con l’inasprimento del controllo da parte del governo turco la situazione non migliorò. 

Il 25 agosto 2018, giorno della settecentesima veglia, il presidio fu bandito dalla polizia. Gli organizzatori e i partecipanti però, decisero di non abbandonare Istiklal Street. Un video di Euronews mostra come la polizia abbia allora disperso la folla con la forza, usando gas lacrimogeni, cannoni ad acqua e proiettili di plastica.

Dal 2018 fino ad oggi il presidio ha subito e subisce tuttora una sistematica violenza da parte della polizia e, quando si riesce a svolgere, le persone si trovano in pieno isolamento fisico attraverso gli scudi e le transenne della polizia. 

Il 13 agosto 2023, 31 persone furono poste in detenzione. Pochi mesi dopo, il 26 ottobre 2023, altre 26 furono portate al commissariato. Tuttora sono in corso dei processi nei confronti delle persone che partecipano al presidio.

Ciò che preoccupa però è la sempre più forte limitazione della libertà di stampa e di parola.  Nel 2020 il parlamento turco approvò una legge che conferiva al governo maggior controllo e potere sulle piattaforme con oltre un milione di utenti al giorno, come Facebook, Twitter e YouTube, avendo la possibilità, attraverso la nomina di un rappresentante legale turco, di regolare i contenuti sui social media.

 

Un report 2021 dell’associazione Arrested Lawyers Initiative denuncia come 450 avvocati siano stati condannati in questi ultimi cinque anni a 2.786 anni di prigionia per i reati di terrorismo e propaganda contro il regime.

Solo nel 2023 la Turchia intensificò la cancellazione di festival musicali e concerti, rendendo così questi atti di silenziamento sempre più potenti all’interno di un quadro molto più cupo.

Tutti questi dati dimostrano come nell’ultimo decennio il controllo sul Paese non abbia avuto precedenti, permettendo così al Governo di reprimere con maggior facilità l’opposizione politica, sociale e culturale. 

Immagine in evidenza: Mónica Hasenberg, Wikimedia Commons