Animali che acchiappano i cuori e i like
di Roberto Cascino
Il centro per migranti che il governo italiano ha fortemente voluto e costruito in Albania è entrato in funzione ormai diverse settimane fa ma è rimasto vuoto per la maggior parte del tempo.
Il costo dell’operazione politica voluta da Giorgia Meloni e i suoi alleati, ad oggi, supera i 60 milioni di euro.
Piccolo riassunto della vicenda politica
Il Governo italiano ha pensato di delocalizzare l’attività di accoglienza e rimpatrio di migliaia di persone che provano ad accedere all’Europa tramite le coste e i confini del nostro Paese in un Paese terzo, ovvero l’Albania.
Questo progetto, che in verità piace tanto anche ad altri Stati dell’Ue e alla Presidente della Commissione europea, si è scontrato contro un impronosticabile disguido per chi governa: lo Stato di diritto.
Giorgia & CO hanno scoperto che non è possibile decidere sulla carta quali richieste d’asilo accettare e quali no se non sono state esaminate in precedenza.
Hanno poi dovuto scoprire, in un secondo momento, che non è possibile decidere per Decreto Legge cosa sia un “Paese sicuro” e quindi ignorando precedenti e sentenze CGUE (Corte di Giustizia dell’Unione Europea).
Cosa accade in un centro per rimpatri vuoto nei Balcani?
Quindici agenti della polizia penitenziaria presidiano questo centro per il rimpatrio, che rimane vuoto.
Se non fosse per i cani, che sono insieme agli agenti gli unici abitanti del centro.
Sono proprio i migliori amici dell’uomo ad essere allora oggetto delle attenzioni e delle cure degli agenti di polizia. Che portano avanti il compito con una certa fierezza, c’è da dire.
La rivista della polizia penitenziaria non ve l’aspettavate proprio.
Tra un editoriale che chiede al succitato Governo di escludere il reato di tortura per la polizia penitenziaria (che non serve, mi dicono, in questo Paese) e il commento che la fa vedere ai poteri forti dell’Europa, fa capolino l’abnegazione dei poliziotti “di frontiera” che si prendono cura degli amici cani.
Per carità non me la prendo con gli uomini in divisa, che sono prima di tutto servitori dello Stato. Né tantomeno con i cani: anzi se le strategie a social delle forze dell’ordine volessero passare più dagli animali e meno dai video testosteronici, sarei il primo a seguire le pagine di Carabinieri, Finanza ed Esercito.
“La storia bellissima di amore per gli animali che dimostra che la polizia penitenziaria non è fatta da aguzzini crudeli” scrivono sulla rivista. Nel pezzo si racconta infatti della storia di un cane, lasciato a morire legato con un guinzaglio ad un guard rail, e di un poliziotto italiano che lo ha soccorso, curato nel centro per migranti e poi mandato in Italia dove lo attende un destino migliore.
Ogni giorno che passa mi identifico sempre di più nel Nonno dei Simpson.
La voglia di fare ironia è forte, quella di piangere ancora più forte. Per fortuna c’è il Rap
La storia viene raccontata in questo modo – forse con più dettagli da libro Cuore – nella rivista della polizia penitenziaria, che si sofferma a descrivere la condizione del povero animale prima che fosse soccorso (spaventato, disidratato, costretto dalla crudeltà degli uomini ad attendere la sua orribile fine).
Che, coincidentalmente, è quello che accade ogni giorno da anni a migliaia di persone che provano a giungere in Europa tramite l’Italia e, spesso, non possono dichiararsi al sicuro neppure dopo aver trovato riparo in un centro di accoglienza da noi. E non in un Paese terzo, come se stessimo parlando di call center delocalizzati.
Per sciogliere la macabra ilarità che suscita questa vicenda, godiamoci le parole del saggio che ci ricorda che i cani sono meglio delle persone che dicono che i cani sono meglio delle persone.
Questo articolo nasce dalla lettura dell’editoriale scritto su Domani da Marika Ikonomu con la collaborazione di Nello Trocchia.
Fonti
https://www.editorialedomani.it/fatti/albania-cpr-vuoti-spesa-governo-esrm0yyu
https://www.poliziapenitenziaria.it/2024/11/?post_type=rivista
ilpost.it
Willie Peyote – I Cani