Bosnia 2019
“La notizia più recente è che il campo Bira, uno dei più grandi con duemila persone, sarà spostato fuori città, a Vucjak, più vicino al confine con la Croazia, sebbene nel nuovo posto per ora non esiste nessun tipo di infrastruttura”.
Questo è lo spirito con cui siamo partiti per la Bosnia Erzegovina, dove ci siamo recati nell’estate del 2019. Siamo stati a Bihać e Velika Kladusa, nel cantone di Una Sana, al confine con la Croazia.
Si tratta di un territorio in cui grava una profonda crisi economica e in cui si sentono ancora le ferite della guerra civile.
Abbiamo lavorato presso il campo IOM di Bira, a Bihać, dove abbiamo interagito con gli ospiti del campo tramite attività ricreative. Nel corso della nostra permanenza abbiamo raccolto importanti testimonianze sul percorso attraversato da migliaia di persone lungo la rotta balcanica e sul The Game, il famigerato percorso che porta i profughi ad attraversare gli stati della penisola dei Balcani verso il cuore dell’Europa. Nella stessa città abbiamo avuto modo di visitare insediamenti informali dei migranti come Dom Penzioniera e Vučjack.
A Vučjack hanno autorizzato l’apertura di un campo profughi su una ex discarica.
Vučjack era un campo privo di acqua potabile, energia elettrica e servizi essenziali. Siamo stati qui accompagnati da operatrici di IPSIA Milano.
È stato chiuso alla fine del 2019, non prima di aver visto neve e ghiaccio.
Siamo stati a Velika Kladusa, dove abbiamo aiutato i volontari di No Name Kitchen a catalogare e organizzare i vestiti e i beni di prima necessità da distribuire ai migranti.
Abbiamo raccolto altre testimonianze importanti come quella di Sanella, una semplice cittadina che si è attivata per costruire una rete sociale di supporto ai migranti. In una piazzola a lato della strada statale al confine della Repubblica Srpska, entità della Bosnia Erzegovina, presta soccorso e assistenza medica a coloro che arrivano nel Paese con l’intenzione di attraversare confine diretti in Croazia.